Passione per la vita.
L’avevo sempre guardata con gli occhi di una bambina e avevo sempre cercato di imitarla nelle movenze. Mi inorgoglivo quando qualcuno per strada notava che tra noi ci fosse una gran somiglianza.
Li volevo proprio così quegli occhi, grandi e intensi; quei sorrisi regalati anche quando dentro impazza la tempesta; quelle mani dalle dita sottili che con maestria ed eleganza aleggiano nell’aria mentre spiega ai suoi alunni; la volevo proprio così quella gioia di vivere, anche quando arrivano impetuosi i problemi.
La volevo proprio così la mia mamma!
Da sempre mi facevo avvolgere dalle sue dolci parole e mi lasciavo proteggere dai suoi calorosi abbracci, lì ovunque io vada, riesco a ritrovare il mio nido. Senza parlare, senza che neanche un solo angolo del mio o del suo viso si muovano, riusciamo a rinchiuderci in una profonda intesa, per la quale basta esser semplicemente “una madre con la sua piccolina”.
Erano stati anni duri quelli della malattia, che avevano finito con l’unirci ancora di più; strette da un legame indissolubile che fanno di due persone una la vita dell’altra. Proprio così, mi sono rimasti stampati nella mente tanti ricordi, tante indescrivibili emozioni, tanti sorrisi, tante lacrime versate,come in quel fatidico giorno colmo fino all’orlo di angoscia.
Le ricordo benissimo quelle ore. Mi giravo intorno, sperando di trovare conforto negli sguardi altrui, un sorriso, una parola, che rendessero quell’attesa molto meno dura ed insormontabile; invece, c’erano solo altre persone come me,in silenzio, in attesa che qualcuno aprisse quella porta e ci desse qualche notizia rassicurante. C’era chi leggeva un libro, chi assorto nei suoi pensieri si reggeva il capo, chi cercava di socializzare con altri che condividevano lo stesso destino, infame; chi guardava e riguardava l’orologio …
Una terribile lotta contro quel tempo oscuro che ci offuscava la mente …
Attesa .. i secondi passavano lenti, come se fossero ore ed ogni battito di quei nostri cuori offesi, sembravano scandire attimi di inutile sofferenza. La mente affollata da mille perché, mille domande vuote a cui tutti avremmo voluto dare risposta ma senza trovare riscontro alcuno.
Ogni tanto una risata risuonava nel corridoio e con essa un respiro di sollievo, per chi era uscito vittorioso da questa terribile battaglia contro l’ignoto o di chi, pieno di buste contenenti accertamenti medici, faceva cadere tutto a terra e poi trasformava questa risata in una lunga mezz’ora di pianti liberatori.
Su e giù, tra quei piani; su e giù nell’animo sofferente di tutti, mi accorgevo che fuori c’era un mondo pieno di vita, di gioia, di allegria.. ed io ero lì, dove il tempo si era fermato, dove non c’è stato istante in cui il mio viso non fosse stato rigato da una lacrima. Piangere, per colpa di questo destino squallido, per una vita instabile, per una ferita incolmabile. Piangere, per questa folle pazzia del fato che ci mette alla prova ardentemente, incessantemente, ingiustamente.
Ecco poi, che quella porta si apriva ancora una volta ma ad uscire era finalmente lei: la mia mamma!
Urlavo in quel corridoio silenzioso sperando che mi notasse , ma le infermiere insistevano col dire che non potevo riconoscerla perché potevo facilmente confonderla con altri pazienti appena usciti dalla sala operatoria. Con incredulità e sgomento di tutti i presenti, lei ancora stordita dall’anestesia ha cercato di aprire gli occhi e ha sussurrato “è la voce di mia figlia, è mia figlia!”
Da quel giorno mi sono appassionata alla vita!
La passione per la vita è la più difficile da conquistare. E’ la passione per uno sguardo silenzioso incrociato per caso, è il desiderio di dare piuttosto che avere, è la gioia del sorriso di chi lotta e ce la fa, è la conquista del trionfo delle cure sulla malattia, è ogni giorno una rinascita. E’quando con la consapevolezza di avere una spada di Damocle nella schiena, ti alzi ugualmente grintoso perché un altro giorno meraviglioso è appena cominciato e va vissuto fino in fondo.
Avevo appena nove anni quel giorno e mia madre, senza saperlo, ha delineato il perfetto tipo di donna che sarei voluta diventare; tutto mi appariva più chiaro, era lei il mio modello. Volevo essere proprio una donna come lei. Inconsapevolmente, quello stesso giorno mi stava regalando quello che i più non hanno: passione per la vita!
L’avevo sempre guardata con gli occhi di una bambina e avevo sempre cercato di imitarla nelle movenze. Mi inorgoglivo quando qualcuno per strada notava che tra noi ci fosse una gran somiglianza.
Li volevo proprio così quegli occhi, grandi e intensi; quei sorrisi regalati anche quando dentro impazza la tempesta; quelle mani dalle dita sottili che con maestria ed eleganza aleggiano nell’aria mentre spiega ai suoi alunni; la volevo proprio così quella gioia di vivere, anche quando arrivano impetuosi i problemi.
La volevo proprio così la mia mamma!
Da sempre mi facevo avvolgere dalle sue dolci parole e mi lasciavo proteggere dai suoi calorosi abbracci, lì ovunque io vada, riesco a ritrovare il mio nido. Senza parlare, senza che neanche un solo angolo del mio o del suo viso si muovano, riusciamo a rinchiuderci in una profonda intesa, per la quale basta esser semplicemente “una madre con la sua piccolina”.
Erano stati anni duri quelli della malattia, che avevano finito con l’unirci ancora di più; strette da un legame indissolubile che fanno di due persone una la vita dell’altra. Proprio così, mi sono rimasti stampati nella mente tanti ricordi, tante indescrivibili emozioni, tanti sorrisi, tante lacrime versate,come in quel fatidico giorno colmo fino all’orlo di angoscia.
Le ricordo benissimo quelle ore. Mi giravo intorno, sperando di trovare conforto negli sguardi altrui, un sorriso, una parola, che rendessero quell’attesa molto meno dura ed insormontabile; invece, c’erano solo altre persone come me,in silenzio, in attesa che qualcuno aprisse quella porta e ci desse qualche notizia rassicurante. C’era chi leggeva un libro, chi assorto nei suoi pensieri si reggeva il capo, chi cercava di socializzare con altri che condividevano lo stesso destino, infame; chi guardava e riguardava l’orologio …
Una terribile lotta contro quel tempo oscuro che ci offuscava la mente …
Attesa .. i secondi passavano lenti, come se fossero ore ed ogni battito di quei nostri cuori offesi, sembravano scandire attimi di inutile sofferenza. La mente affollata da mille perché, mille domande vuote a cui tutti avremmo voluto dare risposta ma senza trovare riscontro alcuno.
Ogni tanto una risata risuonava nel corridoio e con essa un respiro di sollievo, per chi era uscito vittorioso da questa terribile battaglia contro l’ignoto o di chi, pieno di buste contenenti accertamenti medici, faceva cadere tutto a terra e poi trasformava questa risata in una lunga mezz’ora di pianti liberatori.
Su e giù, tra quei piani; su e giù nell’animo sofferente di tutti, mi accorgevo che fuori c’era un mondo pieno di vita, di gioia, di allegria.. ed io ero lì, dove il tempo si era fermato, dove non c’è stato istante in cui il mio viso non fosse stato rigato da una lacrima. Piangere, per colpa di questo destino squallido, per una vita instabile, per una ferita incolmabile. Piangere, per questa folle pazzia del fato che ci mette alla prova ardentemente, incessantemente, ingiustamente.
Ecco poi, che quella porta si apriva ancora una volta ma ad uscire era finalmente lei: la mia mamma!
Urlavo in quel corridoio silenzioso sperando che mi notasse , ma le infermiere insistevano col dire che non potevo riconoscerla perché potevo facilmente confonderla con altri pazienti appena usciti dalla sala operatoria. Con incredulità e sgomento di tutti i presenti, lei ancora stordita dall’anestesia ha cercato di aprire gli occhi e ha sussurrato “è la voce di mia figlia, è mia figlia!”
Da quel giorno mi sono appassionata alla vita!
La passione per la vita è la più difficile da conquistare. E’ la passione per uno sguardo silenzioso incrociato per caso, è il desiderio di dare piuttosto che avere, è la gioia del sorriso di chi lotta e ce la fa, è la conquista del trionfo delle cure sulla malattia, è ogni giorno una rinascita. E’quando con la consapevolezza di avere una spada di Damocle nella schiena, ti alzi ugualmente grintoso perché un altro giorno meraviglioso è appena cominciato e va vissuto fino in fondo.
Avevo appena nove anni quel giorno e mia madre, senza saperlo, ha delineato il perfetto tipo di donna che sarei voluta diventare; tutto mi appariva più chiaro, era lei il mio modello. Volevo essere proprio una donna come lei. Inconsapevolmente, quello stesso giorno mi stava regalando quello che i più non hanno: passione per la vita!
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