giovedì 3 aprile 2014

Chiesa del Rosario (Avellino)

 << Nel “Largo”, sulle rovine di un antico ospedale eretto nel 1502 dal benefattore Modestino Rosata, nell’angolo nord-orientale, lungo il Viale dei Pioppi, Maria de Cardona, moglie di Francesco d’Este e nuora di Lucrezia Borgia, contessa di Avellino  dal 1513 al 1563, assecondando il suo spirito religioso e il mecenatismo della sua famiglia, decise di far sorgere un Monastero da affidare ai Padri dell’Ordine dei Predicatori.
   La nobildonna italo-spagnola, dedita a opere di pietà, affidò la realizzazione del progetto verso il 1534 al frate Federico da Montemurro, che fece costruire, annessa alla nuova struttura, comprendente anche un Monte di maritaggio, una chiesa, dedicata alla SS. ma Vergine Annunziata, che ben presto diede il nome alla zona. Anche i principi Caracciolo, signori di Avellino, contribuirono a ristrutturare e ad ampliare chiesa e convento per iniziativa e a spese del munifico principe Camillo II.
 D. Lesa Aldobrandini, nipote del papa Clemente VIII e moglie di Marino II Caracciolo, fece eseguire la facciata da stuccatori certamente provetti, considerando l’ottimo disegno e lo scelto intaglio, e la cappella nobile del Rosario (perciò fu anche detta del Rosario).
   Mons. Pierbenedetti nella sua Relazione del 1630 dopo la visita apostolica nella diocesi di Avellino scrive che la chiesa era a tre navate, di cui solo la centrale aveva la soffittatura affrescata. Era dotata di due confessionali, di una acquasantiera posta su una colonna marmorea e di una campana sospesa sotto il tetto, non essendoci ancora il campanile. Gli altari principali erano l’altare maggiore e quello del SS.mo Rosario a dx. dell’altare maggiore, dove era venerata l’immagine della Vergine del Rosario. Il pavimento era maiolicato a vivaci colori.
   Altre notizie sulla Chiesa dell’Annunziata vengono fornite da Giovanni Gionfrida sul Corriere dell’Irpinia.
   Era  una chiesa piuttosto ampia, a tre navate con vari pregevoli altari in marmo. Nell’abside si venerava il gruppo statuario della Madonna con San Domenico e S. Caterina, ma accolse anche altre devozioni come quelle di S. Vincenzo Ferreri e S. Francesco da Paola, le cui stupende statue in legno ora si conservano nella nuova chiesa parrocchiale del Rosario (a lato del fonte battesimale) e nella chiesa dell’orfanotro- fio del Carmine.
   Alcuni quadri ornavano la chiesa, tra cui un S. Domenico, effigiato tra le allegorie della Fede, della Speranza e della Carità: nell’angolo a sinistra, era raffigurato un principe, forse Marino II, committente del dipinto. Il quadro è stato attribuito al Ribera” (Zigarelli) o allo Spagnoletto, mentre per Muscetta è opera di un “ignoto secentista arcaicizzante”. Era fornita anche di un discreto organo e di un campanile, dal quale squillava una campana di circa 5 quintali –aes Virgini ab Angelo salutatae dicatum-, che, quando nel terremoto del 1851  crollò il campanile, fu trasportata al Duomo e installata nella torre campanaria.
   L’interno si arricchì di numerose cappelle delle famiglie aristocratiche e facoltose, Offieri, Miroballi, Imbimbo, Festa, Spadafora, ma la più importante fu la cappella della Madonna del Rosario, che i monaci diedero in concessione alla Confraternita laicale.
   Il convento accolse un buon gruppo di dotti frati, come Ludovico Fiorillo, ora venerabile, amico personale e consigliere di S. Alfonso dei Liguori.  >>

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